Lo sviluppo dell’auto elettrica, si sa, è legato a doppio filo all’infrastruttura di ricarica. Con un orizzonte finalmente ricco di nuovi modelli e un incentivo che apre a molti la possibilità di fare il grande salto, l’interrogativo che sempre più automobilisti si pongono è: quanto sarà facile poter fare il pieno di elettricità?

A provare a rispondere a questa domanda ci ha pensato Motus-E, che insieme Strategy& PwC ha messo a punto il report “Il futuro della mobilità elettrica: l’infrastruttura di ricarica in Italia @2030”, volto a tracciare le prospettive di crescita di veicoli elettrici e colonnine nei prossimi 10 anni. Ecco il risultato dell’analisi, concepita con l’intento di dare un contesto di riferimento comune per gli operatori del settore e la politica.

Da dove partiamo

Cominciamo dal presente. Oggi in Italia le auto alla spina rappresentano ancora lo 0,2% del parco circolante, ma con tassi di crescita delle immatricolazioni impressionanti, che non faticano ad arrivare alle tre cifre. E per ricaricare? Allo stato si contano circa 8.500 infrastrutture di ricarica (Idr), per un totale di circa 16.700 punti di ricarica (Pdr).

Owner of Nissan Leaf electric car plugging in the charger in Coventry UK

Quasi il 95% delle colonnine sono concentrate su potenze tra 22 e 43 kW (il 70% della rete), mentre la presenza delle ricariche ad alta e altissima potenza (oltre i 100 kW) è molto limitata, quando non praticamente assente come nell’ambito autostradale, dove rappresenta invece una priorità assoluta.

Dove stiamo andando

Lo sviluppo del mercato al 2030 ipotizzato da Motus-E prevede orientativamente 4 milioni di elettriche pure e 900.000 plug-in. Una stima leggermente più prudente rispetto a quanto “promesso” dal Governo nel Piano energia clima trasmesso lo scorso anno all’Unione europea, in cui si parla di 4 milioni di EV e 2 milioni di PHEV.

Ma veniamo al nocciolo della questione: le colonnine. Il report su questo traccia due possibili scenari di crescita. Guardiamoli nel dettaglio.

Scenario “Customer experience focused”

Il primo scenario, definito Customer experience focused, mira a migliorare l’esperienza di ricarica attraverso uno sviluppo della rete pubblica complementare a quella privata. Come? Con colonnine diffuse sul territorio sia in ambito urbano che extra-urbano, che puntino su alte potenze per consentire “rabbocchi” molto rapidi.

Su una domanda energetica al 2030 per la mobilità elettrica pari a circa 10 TWh, questo scenario prevede un 42% di ricarica privata domestica, un 30% di ricarica condivisa (ossia quella sul posto di lavoro) ed un restante 28% di ricarica pubblica, con 98.000 punti di ricarica. Questi sarebbero distribuiti così sulle diverse potenze: 14% slow (3-7 kW), 54% quick (22 kW), 32% fast e super fast (50-350 kW). I punti di ricarica ad alta potenza quindi sarebbero circa 31.000.

Volvo XC40 Recharge T5 Plug-in Hybrid

Scenario “Proximity focused”

Il secondo scenario, Proximity focused, si fonda invece sull’idea di perseguire una maggiore prossimità della ricarica rispetto all’automobilista, e quindi una maggiore capillarità, con una rete in cui trovano più spazio punti di ricarica pubblici a bassa potenza. Un modus operandi pensato per creare un’alternativa alla ricarica domestica per chi non dispone di garage e che punta a stimolare la ricarica durante la notte, ispirandosi a modelli come quelli di città quali Amsterdam e Londra, con limitata disponibilità di parcheggi privati.

In questo scenario si ipotizza che il 62% del fabbisogno energetico verrebbe soddisfatto con ricariche private e condivise, rispettivamente al 32% e 30%, ed il 38% con ricariche pubbliche. Il tutto con un totale di 130.000 punti di ricarica pubblici, che avrebbero in questo caso potenze così spartite: 40% slow (3-7 kW), 45% quick (22 kW), 15% fast e super fast (50-350 kW). In questo caso i punti di ricarica ad alta potenza sarebbero circa 19.000.

Una cabina di regia nazionale

Al di là dei diversi scenari, Motus-E sottolinea “l’assoluta necessità di una rete di ricarica ad alta potenza estesa e diffusa al 2030, che garantirà la copertura di autostrade e strade extraurbane, così come lo sviluppo di ‘Hub urbani’ per la ricarica veloce”. Ciò prendendo spunto anche da esperienze straniere che dimostrano come la presenza di ricariche veloci rappresenti un fattore abilitante strategico per la mobilità elettrica.

Entrambi gli scenari rappresentano una sfida importante per gli operatori, ma secondo Motus-E “sono affrontabili per il sistema elettrico”. Certo è che in ogni caso l’elettrificazione sarà un fattore che imporrà investimenti sulle reti di distribuzione e di trasmissione, ma secondo l’associazione già oggi le infrastrutture di ricarica sono in grado di “dare un contributo all'ottimizzazione delle utenze in termini di potenza e tempi di ricarica”. Contributo che “sarà ancora più importante in futuro in base alla crescita del numero di infrastrutture”.

Ma oltre alle previsioni, da Motus-E arriva un appello al mondo della politica per dare vita a una cabina di regia nazionale, “di coordinamento tra Governo centrale, amministrazioni locali e stakeholder di settore”, che possa “pianificare con strumenti adeguati la crescita infrastrutturale per arrivare alla redazione di un Piano nazionale per le infrastrutture (Pnire) rivoluzionato nella governance e nelle modalità di erogazione dei finanziamenti”.

Il report integrale può essere scaricato qui.