Per fare un’auto elettrica ci vuole una batteria. Per fare tante auto elettriche ci vogliono tante batterie. Solo che al momento sembra che tante batterie in giro non ce ne siano. Così, per ovviare al problema, Tesla sta cambiando strategia.
Da una parte, dallo scorso luglio, sta cercando di accaparrarsi sempre più nichel, proprio perché di tanto nichel hanno bisogno le nuove celle 4680. Dall’altra, ha deciso di dotare le versioni Standard Range della Model 3 e Model Y di batterie LFP, quelle al litio ferro fosfato, che non hanno bisogno di nichel (appunto) né di cobalto (materiale da sempre tra i più costosi e difficili da reperire di tutta la filiera dell’auto elettrica).
Le stesse batterie della baby-Tesla
Le batterie LFP hanno minori prestazioni in termini di densità energetica, ma sono affidabili, durano parecchio e, a differenza di quelle tradizionali NMC (nichel manganese cobalto) sono meno costose e più facili da produrre. Per questo, magari sacrificando qualcosa in termini di performance pura, saranno utilizzate anche sulla Tesla da 20.000 euro (quella che tutti chiamano Model 2 ormai).
Sulle Model 3 e Model Y Long Range e Performance, invece, a Palo Alto si continueranno ad usare celle 2170, con composizione chimica “tradizionale” e prestazioni migliori (o meglio, sempre migliori, viste le modifiche che Panasonic vi sta apportando con una certa regolarità).
Le cause del cambio di strategia
La ripresa delle attività produttive dopo il lockdown duro della scorsa primavera unito alla crescita dei volumi di vendita delle auto elettriche, unito ad una serie di altri motivi, sta mettendo in crisi l’industria automobilistica che fa sempre più fatica a trovare chip, semiconduttori e altri componenti.
Tesla ne ha fatto le spese con uno stop forzato di due giorni a Fremont (ma non è stata la sola) al quale non vuole dare seguito. Per questo, oltre a spingere sull’approvvigionamento del nichel sta lavorando per incrementare la produzione delle batterie in proprio, che affiancherà a quelle in arrivo dai vari fornitori.
Intanto, per la più nota delle leggi del mercato, la scarsità del nichel ha portato ad un aumento dei prezzi del 16% da inizio anno. E se la cosa non si arresta, ci potrebbero essere altre conseguenze negative per l’industria automobilistica, già alle prese con una filiera che scricchiola.