L’Italia può recuperare terreno sulla transizione ecologica nel mondo auto. E con qualche sforzo e un programma coordinato potrebbe davvero far valere le proprie competenze e affermarsi con forza sul panorama internazionale. L’ultima notizia che avvalora la tesi arriva da Stellantis, che allestirà a Melfi una nuova linea di produzione per quattro auto elettriche.

Ma questa è solo una delle tante iniziative che vedono il nostro Paese iniziare a ritagliarsi uno spazio "vero" nella mobilità a zero emissioni. Un settore che potrebbe vedere la nascita di più di una Gigafactory e di un polo mondiale per le auto elettriche ad alte prestazioni. Ma andiamo con ordine e ricostruiamo la situazione.

A Melfi si parte nel 2024

Torniamo un attimo a Melfi. Rocco Palombella, segretario generale Uilm, e Gianluca Ficco, a capo del settore auto della Uil, hanno incontrato i ministri Giancarlo Giorgetti (Mise) e Andrea Orlando (Lavoro) e i vertici Stellantis per tracciare il futuro dei diversi poli produttivi italiani del gruppo. Al termine dell’incontro hanno annunciato l’avvio della produzione di 4 auto elettriche di segmento medio a Melfi a partire dal 2024.

Melfi sarà il primo stabilimento italiano a beneficiare dell’accelerazione del gruppo nato dall’unione tra FCA e PSA e potrà mantenere la capacità produttiva attuale di 400.000 vetture all’anno, che dovrebbero permettere di lasciare intatti i livelli occupazionali. Nell’attesa che le parti definiscano i dettagli, resta la considerazione di fondo che per la prima volta in Italia potrebbe essere avviata la realizzazione di una vettura di un marchio francese (Peugeot, Citroen o DS) o tedesco (Opel).

Fiat Mirafiori: dove nasce la 500 elettrica

Da Stellantis a Italvolt

Restando in casa Stellantis, un altro importante passo per il nostro Paese è rappresentato dalla volontà del gruppo di costruire una Gigafactory italiana. Sarebbe la terza del gruppo, dopo quelle in Francia e in Germania, e voci insistenti indicano che potrebbe nascere a Mirafiori, storico stabilimento Fiat che si sta affermando come centro all’avanguardia per prodotti e servizi legati alla mobilità a zero emissioni, oltre che fabbrica nella quale nascono la Fiat 500 elettrica (qui la nostra prova completa) e altri modelli ibridi del gruppo.

Ma la Gigafactory Stellantis non sarà la sola a sorgere nel nostro Paese. C’è ad esempio il progetto Italvolt che punta alla realizzazione della fabbrica di batterie più grande d’Europa (nascerà nell’area di Scarmagno, vicino a Ivrea, dove sorgeva la Olivetti). A questo proposito la Confindustria locale proprio in questi giorni ha ricordato al Governo che il progetto è già ben avviato, spiegando come proprio quella di Italvolt potrebbe essere la prima Gigafactory italiana.

Italvolt

La richiesta al Governo

“Ritengo opportuno che il Governo italiano prenda in considerazione anche Italvolt – ha detto Patrizia Paglia, presidente di Confindustria Canavese – Se il progetto potesse contare anche su un concreto supporto pubblico potrebbe mettere il piede sull’acceleratore e diventare presto operativo, permettendo un’importante opera di riqualificazione industriale e ambientale del grande stabilimento Olivetti”.

Ma non ci sono solo Stellantis e Italvolt. Per le batterie made in Italy in campo c'è ad esempio anche Seri Group, che vuole costruire una Gigafactory a Caserta convertendo l’ex-Whirpool con un finanziamento di oltre 500 milioni di euro, oltre ai progetti di crescita di una realtà sempre più promettente come Flash Battery. E poi c'è persino chi ha provato a chiamare in causa Mr Elon Musk

Hongqi S9

Il ruolo della Motor Valley

Transizione energetica, in Italia, può fare - insospettabilmente - rima anche con Motor Valley. L’Emilia-Romagna, patria di alcune delle Case automobilistiche più famose e affascinanti del mondo, sta infatti lavorando sodo per creare un polo di sviluppo per le supercar a zero emissioni.

Lo sta facendo per esempio con i lavori del nuovo Autodromo di Modena, presso il quale sorgerà un centro di ricerca e sviluppo dedicato alla eMobility, e lo sta facendo creando un ecosistema di eccellenze che vede coinvolte Università e aziende del territorio. Questo lavoro sta dando i primi importanti risultati. Basti citare l'investimento di un colosso cinese come FAW, che per trasferire parte delle attività a Reggio Emilia ha investito la bellezza di un miliardo di dollari, oltre a progetti intriganti come la mostruosa Estrema Fulminea.

Ma se è evidente che le competenze tecniche nella Penisola non mancano, l'auspicio è che la politica possa garantire un ecosistema in grado di sviluppare a pieno tutte le potenzialità del settore, a partire da un sapiente utilizzo del Pnrr.