È con l’obiettivo di trasformare Shanghai nel “più grande hub per l’export di veicoli elettrici al mondo” che Tesla raddoppia: l’attuale gigafactory cinese non sarà più sola, perché vicino ne nascerà un’altra. La Casa ha infatti deciso di costruire una seconda fabbrica, con una capacità produttiva di 450.000 auto elettriche all’anno, tra Model 3 e Model Y.
Ma mentre dalla Cina arrivano belle notizie, la stessa cosa non si può dire in Europa. Dopo aver inaugurato e messo in funzione Giga Berlin, che h, finalmente iniziato a sfornare le prime auto, Elon Musk è di nuovo alle prese con le proteste degli ambientalisti tedeschi, tornati all’attacco chiedendo la revoca della licenza a causa di una perdita di vernici. Ma andiamo con ordine.
Qui Shanghai
L’informazione sul secondo impianto cinese emerge da una lettera che il costruttore ha inviato alle autorità locali per ringraziarle del supporto dato durante il recente lockdown. Tesla, infatti, ha dovuto fare i conti con le restrizioni ordinate in Cina per far fronte alla recrudescenza dei contagi da Covid-19. Lo stop ai macchinari è durato ben 22 giorni, durante i quali la Casa non ha potuto produrre circa 50.000 vetture che aveva in programma.
Per risolvere il problema, il costruttore si è ingegnato a creare un “circuito chiuso”: in pratica, i dipendenti hanno dormito tra le mura della gigafactory. Un progetto che ha richiesto la collaborazione delle aziende del posto, che hanno organizzato i pullman per trasportare i lavoratori e sanificato la struttura.
E così, in una missiva datata 1° maggio e intercettata dalla Reuters, la Casa ha espresso gratitudine alle autorità della Linglang Special Area, dove sorge l’impianto, per l’aiuto ricevuto:
“Hanno lottato per tre giorni consecutivi, lavorando 24 ore su 24 e senza sosta, per garantire che i lavoratori della nostra azienda potessero tornare in fabbrica”, si legge.
Ma, tra le righe, Tesla esce allo scoperto anche sul nuovo stabilimento, confermando alcune indiscrezioni raccolte dalla stessa agenzia di stampa britannica verso fine febbraio. Al momento, però, nessun commento da parte del costruttore e della città.
In ogni caso, pare proprio che Elon Musk voglia avvicinare Giga Shanghai, che è già il principale centro produttivo della Casa, a un colosso da 1 milione di auto all’anno. Basta pensare che da lì, solo nel 2021, hanno visto la luce 484.100 vetture. Con altre 450.000 la soglia non sarebbe affatto lontana.
Qui Berlino
Trasferiamoci ora in Germania e leggiamo la relazione diramata sull’episodio incriminato:
“Secondo l’agenzia statale per l’ambiente e l’autorità idrica della regione dell’Oder-Spree, l’11 aprile da un’officina di verniciatura di Tesla sono fuoriusciti 15.000 litri di vernici. La perdita è stata aspirata da una società che si occupa di smaltimento. Il giorno dopo, però, durante le operazioni di carico e di trasporto, due o tre litri di quelle vernici sono state versate in strada”.
Ma un rapporto ufficiale conferma, da un lato, che si tratta di un prodotto classificato come leggermente pericoloso per l’acqua e, dall'altro, che la vernice non ha raggiunto né il sistema fognario né le falde acquifere. Pericolo scampato, insomma, ma per l'associazione Green League non si può parlare di normale inconveniente legato a un’attività industriale.
Anzi, gli ambientalisti chiedono alle autorità di fermare i lavori nella fabbrica tedesca di Elon Musk almeno fino a quando non saranno asfaltate delle aree ancora da terminare intorno al reparto verniciatura per diminuire il rischio di contaminazione del suolo e delle acque. Il gruppo ha anche fatto sapere che se la politica locale non darà seguito alla richiesta si rivolgerà direttamente al Ministro dell’Ambiente.
Fonte: Reuters