Qualcosa non torna nella narrazione che contrappone la transizione ecologica al mondo del lavoro. Chi vorrebbe gli operai impegnati in una battaglia senza quartiere contro l’auto elettrica, infatti, deve misurarsi con una visione sindacale più lungimirante di quella di tanti osservatori.
A fare paura non è la transizione in sé, quanto l’inabilità della politica italiana a gestirla e cavalcarla come altri Paesi europei. Il tema è proprio al centro di un’inchiesta dell’Espresso, che racconta il punto di vista dei lavoratori dando voce a Michele De Palma, segretario generale della Fiom, e Matteo Moretti, del Collettivo di Fabbrica Gkn.
Appello alla politica
“Se non facciamo la transizione, corriamo il rischio di chiudere gli stabilimenti e fare un danno occupazionale, oltre che industriale”, è l’allarme di De Palma, preoccupato dai potenziali vantaggi per “altri sistemi industriali, come quello tedesco e francese”. Ma la storia, già sotto i riflettori agli Electric Days 2022, è quasi sempre la stessa: a frenare la macchina del progresso sono più che altro le vischiosità della politica.
“Ho avuto modo di discutere con il ministro Giorgetti”, riferisce, “e con il ministro Calenda – al Mise dal 2016 al 2018, ndr –, ma questa classe dirigente ha perso l’idea della programmazione industriale. Cioè, ogni volta si va al ministero dello Sviluppo economico non per programmare investimenti”.

Parole che fanno seguito alle rimostranze già espresse da altre sigle sindacali, che avevano denunciato la mancanza di una progettualità di lungo termine a margine dell’ultimo tavolo automotive.
L’appello che si legge fra le righe è a rimboccarsi le maniche per una transizione che sia non solo ambientale, ma anche democratica, visto che, parafrasando De Palma, un’auto elettrica è oggi fuori budget per un dipendente di Mirafiori.

Un’opportunità
Al segretario della Fiom fa eco Moretti: “Sembra singolare che una fabbrica si preoccupi dell’ambiente, ma non è una novità. Basta pensare alla battaglia portata avanti dai lavoratori dell’Ilva di Taranto”.
“Grazie alla convergenza con le altre lotte – ricorda – siamo stati in grado di elaborare un Piano pubblico per la mobilità sostenibile”, ridisegnando “il futuro dello stabilimento, anche per riposizionare Gkn nel settore dell’energia rinnovabile, con la produzione, ad esempio, di impianti fotovoltaici”.
Lo spirito che anima chi vuole proteggere il lavoro, insiste Moretti, deve essere quello di “trasformare una crisi in un’opportunità per abbracciare la transizione verde in un settore ad alta innovazione”. E garantire così la “stabilità occupazionale”.
Fonte: L'Espresso