Non conosciamo ancora il nome della società che nascerà dalla fusione tra FCA e PSA (anche se è stato assicurato che sarà una scelta “interessante”), ma una cosa è certa: per quello che si preannuncia come il quarto gruppo mondiale dell'auto la mobilità alternativa e pulita avrà un ruolo centrale.
Questioni finanziarie a parte, la fusione punta a creare importanti sinergie sfruttando le competenze acquisite dai due gruppi e dai molti marchi a disposizione, con un occhio di riguardo alle piattaforme per l'elettrificazione. Secondo il primo comunicato ufficiale, i due terzi degli 8,7 milioni di veicoli l’anno previsti nasceranno da due piattaforme, quella Small e quella Medium/Large, per circa 3 milioni di unità ciascuna.
Pensando all'attuale struttura produttiva, è presumibile che entrambe si svilupperanno dalle attuali CMP ed EMP2 di PSA, declinate in varianti elettrificate con un buon numero di EV e PHEV già in commercio. Diversamente da FCA che, escludendo la nuova 500 elettrica in arrivo nel 2020, per ora si sta limitando a innestare tecnologie ibride sulla base dei suoi SUV di segmento B/C marchiati Jeep.
Primi effetti dal 2021
Per il 2020, i due gruppi hanno confermato i programmi di lancio dei prodotti già annunciati che porteranno PSA ad avere in gamma 7 modelli ibridi plug-in e 7 elettrici (buona parte dei quali sono già in commercio o prossimi al lancio), mentre FCA conferma l’arrivo della prima elettrica, la 500 appunto, e tre PHEV (tra cui Jeep Compass e Renegade). Dal 2021, però, tutti i nuovi modelli FCA avranno varianti elettrificate, con una crescita delle elettriche pure.
FCA, che ha annunciato una produzione "in proprio" di batterie nello stabilimento torinese di Mirafiori, potrà dal canto suo entrare anche nell'alleanza franco-tedesca attiva per creare un polo europeo delle batterie, i cui primi effetti hanno iniziato a manifestarsi con l'annuncio di due nuove fabbriche (una delle quali nello stabilimento Opel di Russelsheim) entro il prossimo anno.
Parola d’ordine: accessibilità
Dopo "clean mobility", la parola più pronunciata durante la conference call di questo pomeriggio sulla fusione è stata “affordable”, ossia "dal prezzo accessibile". Un proclama che vuole essere alla base di un preciso piano basato sulle economie di scala e su un'intelligente condivisione dei componenti per abbattere i costi aumentando i volumi.
Un'operazione che PSA ha già iniziato ad attuare con le ultime piattaforme, flessibili e tecnologicamente competitive, sulle quali ha sviluppato l'intera gamma odierna ottenendo anche notevoli balzi in avanti nel time-to-market, cioè i tempi di progettazione e sviluppo dei nuovi modelli. Ottimizzazioni che l'alleanza perseguirà in modo ancor più sistematico, risparmiando una volta a regime circa 3,7 miliardi di euro proprio grazie alla trasversalità di tecnologie, componenti e prodotti (che influiranno per il 40%), alla politica degli acquisti (un altro 40%) e ad altre ottimizzazioni nelle aree del marketing, della logistica, e non solo.
Nuovo lustro al "Made in Italy"
Mike Manley, attuale AD di FCA per il quale si profila un ingresso dell'esecutivo del nuovo supergruppo, ha ribadito che ”i brand italiani esprimono più che mai passione ed emozionalità, valori preziosi per assicurare il futuro della nuova società".
Senza scendere nello specifico, significa che il nuovo gruppo almeno sulla carta non intende fare a meno di nessun brand, come ha dimostrato includendo nelle infografiche di accompagnamento anche il marchio Lancia (mentre non è stata citata Abarth), aprendo per la Casa torinese una ormai quasi inattesa opportunità di salvezza e magari di rilancio.
Allo stesso modo è stato ribadito che nessuno stabilimento produttivo sarà sacrificato, ma si sfrutteranno appieno tutte le risorse disponibili.