Dopo una visita virtuale allo stabilimento di Proterra, che produce autobus elettrici e batterie, Joe Biden si è convinto ancora di più: sull'elettrificazione bisogna accelerare. Il presidente propone gli Stati Uniti come prossimo leader mondiale nel settore dei veicoli "alla spina" e, a margine del tour nella South Carolina, ha lanciato la sfida alla Cina, attualmente primo produttore al mondo, che interessa però anche l'Europa.

“Abbiamo molto da recuperare, ma in futuro saremo al comando”, ha detto Biden. “Dovremo essere il maggior fornitore mondiale di autobus e veicoli elettrici, ma ora siamo molto indietro”.

Il piano è già pronto

In effetti, il gap col Dragone è notevole. Secondo la società di ricerca Canalys, le Case auto cinesi hanno venduto 1,3 milioni di veicoli elettrici nel 2020. Circa 1 milione in più rispetto ai competitor statunitensi, che si sono fermati a 328.000.

Scania Citywide battery electric bus

Biden ha già annunciato la sua arma per svecchiare la flotta americana: 174 miliardi di dollari destinati alla mobilità sostenibile. Fra questi, circa 20 miliardi verranno usati per elettrificare il 20% degli scuolabus. Altri 25 andranno invece ai veicoli commerciali.

La svolta nel 2030

Proterra promuove la strategia del presidente e stima che la metà dei nuovi autobus costruiti in Nord America nel 2025 sarà elettrica. Ma Biden vola più in alto e promette che, entro il 2030, tutti i mezzi pubblici degli States saranno a zero emissioni. La sfida americana, oltre che con la Cina, sarà anche con se stessa, perché attualmente gli Stati Uniti contano più di 475.000 scuolabus e 65.000 autobus.

L'inizio del prossimo decennio è ormai uno spartiacque. Lo Stato di Washington ha vietato la vendita di veicoli a benzina e diesel dopo il 2030, e contemporaneamente alcune Case auto hanno già fissato le loro date di scadenza. Ma il guanto di sfida Usa alla Cina riguarda anche l'Europa, che si è già lanciata all'inseguimento di Pechino sull'elettrico, iniziando a registrare peraltro primi risultati incoraggianti. E l'Italia? Anche da noi la competizione cinese comincia ad essere motivo di grandi preoccupazioni della politica.