Ieri sarebbe dovuto essere il giorno dell’inaugurazione. Invece, la Gigafactory di Tesla a Grünheide, alle porte di Berlino, non sa ancora quando potrà aprire i cancelli. Forse alla fine di quest’anno, forse all’inizio del prossimo. Intanto, però, Elon Musk e soci hanno portato a casa un'importante vittoria nella battaglia legale che sta accompagnando la nascita del loro primo stabilimento europeo.
Il tribunale amministrativo di Francoforte ha respinto infatti il ricorso d’urgenza presentato da Green League e Nabu, le due associazioni ambientaliste che avevano puntato il dito contro un permesso rilasciato temporaneamente dall’autorità ambientale di Brandeburgo per consentire alla Casa californiana di testare alcune apparecchiature.
Nessun pericolo
Presentato solo il mese scorso, il documento d'accusa sosteneva che Palo Alto non avesse specificato bene le precauzioni prese per evitare che alcuni gas nocivi, emessi durante certi lavori di collaudo, venissero dispersi nell’ambiente all’esterno del sito. In più, Tesla avrebbe anche modificato alcuni documenti per cominciare a produrre batterie, senza aver ricevuto le altre autorizzazioni.

Secondo la Corte tedesca, invece, “non risulta evidente che i test di funzionalità, limitati nel tempo, avrebbero comportato pericoli ai sensi dell’Ordinanza sugli Incidenti Rilevanti”, perché le quantità di sostanze rilasciate sarebbe stata minima e non pericolosa. Ma l’iter giudiziario non finisce qui, perché Green League e Nabu hanno promesso un nuovo capitolo di fronte al Tribunale amministrativo superiore di Berlino-Brandeburgo (OVG).
Storia travagliata
Questo è solo l’ultimo episodio di una lunga telenovela che sta ritardando il taglio del nastro alla GigaBerlin. Annunciato alla fine del 2019, con un investimento che finora ha toccato i 5,8 miliardi di dollari, l’impianto in Germania doveva essere completato in tempi rapidi ed essere operativo all’inizio del 2021 per costruire 500.000 auto elettriche l'anno, Model Y per l'Europa inclusa.
A mettere i bastoni tra le ruote di Elon Musk è stata prima di tutto la pandemia. Poi, gli ambientalisti hanno chiesto alla giustizia di sospendere i lavori per fermare il disboscamento della zona e preservare l’habitat della fauna locale, con alcune frange estremiste - che forse poco hanno a che fare con il vero ambientalismo - arrivate addirittura a compiere un vero e proprio attentato alla struttura. È finita qui? No, perché poi si è messa di mezzo anche la burocrazia. Prossimo appuntamento, ancora di fronte al giudice.