Chiunque possieda un’auto elettrica - e forse ancor di più chi si appresta al grande salto - arriva prima o poi a chiedersi: “Perché in Italia ci sono così poche colonnine di ricarica in autostrada?”. Un quesito semplice ma tutt’altro che banale, che per i più smaliziati contiene fatalmente in sé parte della risposta.

Già, perché la vischiosità dell’elettrificazione autostradale risponde all’identikit di tanti problemi della Penisola, dove gli obblighi sono tali solo fino a un certo punto, e dove le responsabilità rimbalzano soavi tra muri di gomma. Per fare luce sulla questione, espressa in numeri in un nuovo report di InsideEVs, abbiamo chiesto di farci da Virgilio a Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, l’associazione che riunisce in Italia i principali stakeholder della mobilità elettrica.

Obbligo all’italiana

Insomma, perché siamo così indietro?

“Il problema principale - osserva Naso - è come spesso accade la mancanza di pianificazione e coordinamento, oltre all’assenza di un obbligo cogente vero e proprio per i concessionari autostradali, che sono i soggetti chiamati a creare l’infrastruttura. Così, nessuno è spinto veramente a procedere con le installazioni, tranne ovviamente i CPO (gli operatori delle colonnine, ndr), che dal canto loro sono pronti a partire con gli investimenti per centrare i target di capillarità della rete”.

Francesco Naso

Ma come, e l’obbligo in bella vista nella Legge di Bilancio 2021? Il segretario generale di Motus-E è laconico:

“Effettivamente la norma affida un duplice mandato ai concessionari, installare le colonnine per conto proprio o affidare il servizio a terzi con delle gare. Ma c’è un ‘ma’, perché non è prevista nessuna conseguenza per chi non rispetta l’obbligo”.

Quindi, c’è chi come Autostrade ha deciso di muoversi per conto suo con la controllata Free to X, mentre altri hanno tirato dritto come se nulla fosse. Facendo leva poi anche su un “alibi” ufficiale. Riavvolgiamo un po' il nastro per ricostruire la vicenda.

E i piani?

Siamo alla fine del 2016, quando nel recepire la direttiva Dafi l’Italia chiede ai concessionari autostradali di stilare i piani per rendere la grande viabilità a prova di auto elettrica. Tutto bellissimo, addirittura al passo coi tempi, se non fosse che questi piani spariscono dai radar fino a un paio d’anni fa, quando finiscono in sordina in qualche cassetto dell’allora ministero dei Trasporti. Cassetto di cui forse sono state perse le chiavi, visto che da quel momento nessuno ne sente più parlare.

Veniamo all’alibi. Mesi dopo l’entrata in vigore del già citato “obbligo” della Manovra 2021, l’Autorità dei Trasporti (Art) fa notare che da statuto spetta a lei definire i bandi per l’affidamento delle subconcessioni autostradali, ricarica elettrica inclusa. Semplifichiamo un momento per i non appassionati: i concessionari ottengono dallo Stato un bene pubblico in concessione, nel caso specifico le autostrade, e mediante procedure competitive possono affidare a terzi determinati servizi: dai carburanti al ristoro, per arrivare al pieno di elettricità.

Ma queste subconcessioni autostradali sono una specie di campo minato. In molti casi sono scadute da anni e in generale tutto il settore è stretto nella morsa di una crisi economica e di governance.

Aspettando i bandi

Tornando al presente, l’Art sta quindi lavorando a uno schema di bando per tutte le subconcessioni autostradali, ma dacché si attendeva uno standard pronto all’uso lo scorso febbraio, tra una proroga e l’altra il prossimo appuntamento è fissato per la fine ottobre. Nel frattempo, nulla impediva ai concessionari di muoversi in modo indipendente avviando delle prime procedure competitive. Ma niente.

Colonnine Free to X in autostrada

“Quello che lascia stupefatti è che parliamo della concessione di un bene pubblico”, commenta Naso, “noi abbiamo chiesto all’Art di sbloccare quantomeno i bandi per le ricariche ma ad oggi non si è mosso nulla. Anche il Mims (l’ex ministero dei Trasporti, ndr) ha avuto le mani legate o ha deciso di non intervenire. Prima della crisi di Governo, a luglio, il ministro Giovannini aveva convocato i concessionari per affrontare la questione, ma ora sembra difficile che qualcosa possa muoversi fino all’arrivo del nuovo esecutivo”.

Per velocizzare il tutto, aggiunge il segretario generale Motus-E, “avevamo suggerito anche di inserire nel Ddl Concorrenza delle scadenze precise, anche perché ci sono decine di milioni di investimenti già pianificati da parte di CPO e Case auto per le colonnine HPC in autostrada, ma non possono vedere la luce finché non sarà fatta chiarezza”. Chissà poi perché non c’è la fila per investire in Italia.

Con il via libera di ieri alla Legge sulla Concorrenza, qualcosa in realtà è arrivato sulle colonnine in autostrada, ma curiosamente nulla di funzionale a sbloccare la sostanziale paralisi del settore. Il riferimento è a “procedure competitive, trasparenti e non discriminatorie, nel rispetto del principio di rotazione”. E ancora, si enfatizza la necessità di prevedere l’applicazione nelle gare di “criteri premiali” per le offerte in cui si propone “l’utilizzo di tecnologie altamente innovative”.

Citati a titolo di esempio, oltre a potenze oltre i 50 kW (già troppo pochi in realtà per l’utilizzo autostradale), il vehicle to grid, l’utilizzo di accumuli e di “sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili dotati di sistemi evoluti di gestione dell’energia”, nonché di “sistemi per la gestione dinamica delle tariffe, in grado di garantire la visualizzazione dei prezzi e del loro aggiornamento”.

Ok, ma forse, nota con malcelato sarcasmo Naso, “vista la situazione, nell’immediato sarebbe stato più utile definire tempi certi con una scadenza per i concessionari e una penale. O no?”.

Un altro punto interrogativo

Se fin qui la situazione vi sembra intricata, mettetevi comodi perché non è ancora finita. Come se non bastasse, infatti, in ballo da qualche anno c’è anche un vasto piano (sostanzialmente disatteso) per la riorganizzazione della rete carburanti autostradale, che chiunque abbia viaggiato un minimo lungo lo Stivale avrà notato essere a dir poco ridondante. “Si tratta di un altro grosso punto interrogativo”, spiega Naso, “come si possono definire strategie precise se non è neanche chiaro quali saranno le aree di servizio destinate a chiudere?”. Insomma, la situazione è alla deriva.

“Siamo in una tempesta perfetta in cui nessuno sembra avere tutta la responsabilità - riassume il responsabile di Motus-E - il contesto è completamente fluido e mancano regole chiare, ognuno può muoversi come preferisce mentre il confronto con le altre nazioni è sempre più impietoso. Serve assolutamente qualcuno che prenda in mano la situazione, metta in ordine i pezzi e richiami all’ordine chi di dovere. Per quanto non siano previste sanzioni, esiste una legge dello Stato per mettere queste colonnine e non è accettabile che gli obblighi vengano disattesi così platealmente”.

Tesla Model Y
Una Model Y in autostrada

Colonnine e pizzette

Che poi, avere delle colonnine non porterebbe vantaggi al cosiddetto “non-oil” delle aree di servizio? O per dirla brutale: una famiglia che si ferma 15-20 minuti a ricaricare, comprerà pure un pacchetto di patatine, no? Perché quindi il poco interesse dei concessionari?

“Questo dovresti chiederlo a loro”, mi blocca Naso, “forse non gli è ancora chiaro come monetizzare il tutto, nonostante chi si propone per installare l’infrastruttura sia disposto a coprire tutti i costi: installazione, hardware e allacci. In una fase iniziale pretendere royalty con tassi di utilizzo piuttosto bassi non avrebbe molto senso. Forse il loro pensiero è che se devo predisporre i bandi, capire quali sono le aree di servizio più indicate e partire con le gare senza la certezza di guadagnarci, a questo punto aspetto…”.

Così ad aspettare è tutto il Paese. E a proposito di questioni aperte, l’elenco non è ancora finito. Perché anche l’Antitrust la scorsa primavera ha detto la sua sulle agognate colonnine in autostrada, con un parere non vincolante che tocca molteplici aspetti: dal numero minimo di operatori in ogni area di servizio alla durata delle concessioni, passando per la potenza minima delle colonnine. L’ennesimo pezzo di un puzzle che il prossimo Governo dovrà necessariamente avere la forza di ricomporre.

Il report di InsideEVs sulle colonnine in autostrada