All’inizio è stata solo un’ipotesi, anche un po’ campata in aria. Poi, a sorpresa, Ford ha annunciato di aver deciso di sposare la causa. General Motors ha seguito a ruota e ora ci sono voci insistenti anche su altre Case.

Stiamo parlando dello standard di ricarica NACS (North American Charging Standard) che Tesla adotta da sempre in USA e Canada e che potrebbe sostituirsi al CCS adottato fino a oggi dai più.

Succederà davvero? È presto per dirlo. Nel dubbio, le azioni sono salite in un giorno del 2,2% al sol pensiero che questa cosa possa effettivamente accadere. Negli States, in effetti, sembra la classica quiete prima della tempesta. Vediamo perché.

Il fascino dell’interoperabilità

Fino a qualche mese fa, la situazione della ricarica in Nord America era semplice. C’era Tesla da una parte, con il suo standard NACS e i suoi Supercharger, e c’erano tutti gli altri, con i loro connettori CCS. Poi Tesla ha iniziato ad aprire i Supercharger alle altre Case, concedendo l’accesso all’infrastruttura più diffusa e affidabile sul mercato anche alle auto elettriche di altri brand.

Per capirci: al momento, negli USA, ci sono 5.240 stazioni di ricarica CCS1 contro le 1.803 Supercharger. Però, parlando di punti di ricarica, i Supercharger battono per numero CCS1 e CHAdeMO messe insieme.

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Un prototipo di BMW iX2 attaccato a un Tesla Supercharger

L'apertura dei Supercharger ad altri, consentita grazie a un apposito adattatore che consente l’attacco di un’auto CCS a un cavo con NACS, sta cambiando le carte in tavola. Anche perché lo standard NACS, secondo alcuni test in laboratorio, potrebbe sopportare potenze di ricarica fino a 900 kW, mentre il CCS si fermerebbe alla metà. Insomma, in prospettiva, i connettori Tesla hanno possono assecondare colonnine sempre più potenti senza risentirne.

Vietato restare indietro

Ma torniamo al fatto che da qualche tempo i Supercharger sono accessibili da tutte le auto elettriche. Ford è rimasta folgorata da questa possibilità. E GM ha seguito a ruota. Poi è toccato a Mercedes, Rivian, Polestar e Volvo. Le Case si stanno attrezzando, insomma, per garantire ai propri clienti un’esperienza di ricarica il più agevole possibile presso la rete più attraente tra quelle a disposizione.

Hyundai, Lucid, Stellantis, Toyota e Volkswagen stanno valutando la possibilità di rendere le proprie auto elettriche compatibili con lo standard Tesla negli USA. Se confermassero, sarebbe una consacrazione.

Tesla Supercharger

Tesla in carica presso una stazione Supercharger

Di fronte a questo, anche le società che gestiscono colonnine di ricarica stanno correndo velocemente ai ripari e stanno introducendo la possibilità di ricaricare anche se si possiede una presa NACS. Lo sta facendo EVgo e lo stanno facendo ChargePoint e Blink Charging. Anche Enel X Way supporterà lo standard negli States e in Canada e ABB North America ha avviato i test per offrire sulle sue colonnine un connettore NACS. 

Tra i produttori di apparecchiature di ricarica che si dicono interessati ci sono ABB, ADS-TEC Energy, BTC Power, EverChange, Flo, Freewire, Lempower, Lectron, Nxu, SK Signet, Tritum e Wallbox. C'è fermento, insomma.

 

Ci sono anche gli incentivi

Fino a oggi, poi, sembrava che le colonnine di ricarica con standard NACS non potessero avere accesso alle agevolazioni messe in campo dalla Casa Bianca con l’Inflaction Reduction Act. Invece, a patto che siano compatibili anche con il CCS, possono sfruttarle. E il mercato coglierà l’opportunità.

 

Certo, il cambiamento non sarà rapido, né tantomeno indolore. La user experience presso i Supercharger di chi non ha una Tesla deve essere rivista. Per la posizione dei connettori nelle auto, per l’interfaccia utente, per le modalità di pagamento. Ma una cosa che fino a poco tempo fa sembrava creare un ecosistema chiuso ora è disponibile per tutti. E questo è il primo passo per diventare l’unico per tutti.