In un contesto confuso come quello attuale, fronte materie prime e non solo, come fa Tesla a continuare a crescere? E come fa a trovare un numero sufficiente di batterie per le sue auto? In molti si sono chiesti il segreto di Elon Musk e soci e, guardando alle mosse degli ultimi 20 anni, si può osservare che la chiave del successo non sia in una particolare batteria, ma nel metodo applicato per trovare la soluzione giusta per ogni evenienza.

Tesla ha dimostrato di avere un approccio al mercato decisamente pragmatico e flessibile. Vediamo quindi come si sono a Palo Alto agli esordi e come sono cambiati nel corso degli anni.

Tutto inizia con Panasonic

Quando Tesla ha presentato la prima Roadster in circolazione non c’erano molte batterie agli ioni di litio tra cui scegliere. Quindi la decisione di usare le 18650 (ora conosciute come 1865) è stata abbastanza casuale. Si trattava di celle progettate per usi generici e, tra questi, anche i veicoli elettrici.

Le 18650 erano abbastanza facili da reperire (per quanto fornite quasi esclusivamente da Panasonic), ma erano piccole e ne servivano molte all’interno di un modulo per raggiungere una capacità adeguata. Inoltre, avevano una densità energetica abbastanza ridotta. Ma Tesla ha continuato a usarle lavorando di fino sul software di gestione e sul controllo delle temperature ottenendo risultati inizialmente impensabili.

La Tesla Roadster del 2011 all'asta negli USA

Altre Case hanno preferito concentrare gli sforzi su celle più innovative, a prisma o a sacchetto, ma hanno dovuto fare test e valutare soluzioni tecniche completamente nuove per far funzionare bene il tutto. Tesla invece ha "solo" ottimizzato una tecnologia nota, che si è dimostrata vincente sia sulla già citata Roadster, sia sulle Model S e sulle Model X.

Dalla 18650 alla 2170

Con il tempo la Casa americana ha appurato poi che una cella più grande, con capacità unitaria maggiore e realizzata esclusivamente per le auto elettriche, avrebbe portato vantaggi rilevanti in termini di prestazioni e di densità energetica. Così, sulle Model 3 prima e sulle Model Y poi, ha optato per le celle cilindriche 2170.

Anch’esse prodotte da Panasonic nella Gigafactory 1, quella fabbrica in Nevada che proprio con Panasonic Tesla aveva iniziato a gestire. L'impianto, ad oggi, ha una produzione di 38-39 GWh all’anno, ma non è più l’unico ad essere utilizzato. Tesla ha infatti anche altri fornitori che realizzano prodotti equivalenti, come LG Chem (ora LG Energy Solution) che produce in Cina per le Tesla costruite a Shanghai.

Le tre celle cilindriche prodotte da Panasonic: 1865, 2170 e 4680

La rivoluzione 4680 e le LFP di CATL

In tempi più recenti, Tesla ha presentato anche le famose celle 4680. Sono più grandi (5 volte più grandi delle 2170), hanno una densità energetica maggiore e sono anche meno costose da produrre. Sono però difficili da realizzare su larga scala e la Casa sta faticando ad avviarne una produzione a pieno ritmo. Lo stesso stanno facendo tante altre aziende, da LG a Panasonic, passando per StoreDdot o BAK, che hanno capito che arrivare per prime sul mercato con un prodotto così innovativo può davvero fare la differenza.

Intanto, per alcune versioni “base” di Model 3 e Model Y, allo scopo principalmente di contenere i costi, Tesla ha scelto batterie con celle LFP (litio, ferro, fosfato). Sono di tipo prismatico e sono prodotte da CATL.

  • 1865: hanno diametro di 18 mm e altezza di 65 mm. Montate da Roadster, Model S e Model X
  • 2170: hanno diametro di 21 mm e altezza di 70 mm. Montate da Model 3 e Model Y
  • 4680: hanno diametro di 46 mm e altezza di 80 mm. Montate dal Model Y Made in Texas e in futuro su Model Y Made in Germany oltre che sui modelli in arrivo
  • Prismatiche LFP: montate sulle entry level di Model 3 e Model Y
Tesla Model S e Model X alla stazione di ricarica Tesla Supercharging

Ad ognuna la sua chimica

Tesla ha anche tre diversi tipi di chimica per le sue batterie agli ioni di litio. Cambiano tutti a livello di catodo e sono evoluti durante gli anni.

  • NCM (nichel-cobalto-manganese)
  • NCA (nichel-cobalto alluminio)
  • LFP (litio-ferro-fosfato)

Le prime due hanno una densità energetica maggiore, la terza sacrifica qualcosa in termini di prestazioni pure ma garantisce un consistente risparmio a livello di costi, non contenendo cobalto.

Tesla, non contenta di quanto ottenuto sinora, ha affermato nel suo Impact Report che continuerà a diversificare la strategia sulle chimiche delle batterie per arrivare a soluzioni ottimizzate per diversi tipi di auto e diversi segmenti di mercato.

Inoltre, la stessa Casa continua a incrementare il contenuto di nichel e ad abbassare la percentuale di cobalto in modo da limare i costi e aumentare la densità energetica.

Scocche della Tesla Model Y prodotte alla Gigafactory Shanghai

Tutti i fornitori di Tesla

Per lungo tempo Tesla si è affidata esclusivamente a Panasonic, che produceva le 18650 e le 2170. Con il tempo – e l’aumentare della domanda – Elon Musk e soci si sono rivolti anche a LG Energy Solution, che produce celle 2170 con chimica NMC e a CATL, per le già citate LFP. Inoltre, produce anche in prima persona.

  • Panasonic:
    1865 NCA prodotte in Giappone. Montate su Model S e Model X
    2170 NCA prodotte in Usa (Gigafactory 1). Montate su Model 3 e Model Y prodotte a Fremont
  • LG Energy Solution:
    2170 NCM prodotte in Cina. Montate su Model 3 e Model Y prodotte a Shanghai e su Model Y prodotta in Germania
  • CATL:
    Prismatiche LFP prodotte in Cina. Montate sulle Model 3 e Model Y entry level prodotte ovunque
  • Tesla:
    4680 prodotte a Fremont e ad Austin: Montate sulla Model Y prodotta in Texas