L’agognato Piano nazionale delle infrastrutture di ricarica elettrica (Pnire) e la Piattaforma unica nazionale delle colonnine (Pun) arriveranno entro l’estate. Lo ha annunciato Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, nel corso dell’evento promosso da Motus-E “Mobilità elettrica per un futuro sostenibile”, ospitato dalla Rcs Academy.

Insieme al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il Pnire definirà finalmente le regole per sviluppare la mobilità a zero emissioni in Italia. Ma nonostante questi passi in avanti, il lavoro da fare per vedere decollare la eMobility nel nostro Paese resta molto, come sottolineato dai big del settore intervenuti nel corso della giornata di lavori.

"Partire dalle rinnovabili"

Come muoversi? "Elettrificare è la parola d’ordine, ma va fatto con energia rinnovabile", ha ribadito Cingolani, "questo vuol dire, nei prossimi 9 anni, installare una quantità di impianti eolici e fotovoltaici da circa 70 GW totali. Significa in media 8 GW all’anno, ma noi ora ne installiamo 0,8. Quindi dobbiamo moltiplicare la nostra capacità di installazione”.

Pannello solare

Oltre ad alimentare gli idrolizzatori, che con la produzione di idrogeno potrebbero decarbonizzare i settori industriali in cui è più difficile intervenire, i cosiddetti hard-to-abate, per il ministro le Fer potranno contribuire ad assicurare elettricità green per le colonnine di ricarica, di cui “solo nel Pnrr ne sono previste circa altre 20.000”.

L’elettrificazione “è il trend mondiale” da cui “non si torna indietro”, riconosce Cingolani, ma “in questo momento, l’auto elettrica ha dei costi elevati rispetto a un equivalente a combustione interna”. Quando la eMobility sarà la norma? Cingolani fa la sua previsione: “Nel periodo 2030-40”. C'è da dire, però, che studi alla mano la parità di costo con le endotermiche dovrebbe arrivare molto, molto prima.

Pnire e Pun

Ma torniamo a Pnire e Pun, che il ministero sta finalmente aggiornando: “La nostra idea – continua Cingolani – sarebbe quella di concludere l’iter tra luglio e settembre, avendo fatto delle consultazioni pubbliche nel frattempo. Speriamo di presentare uno dei due entro luglio”.

Palazzo Chigi

Il compito di raccordo di tutte le misure spetterà poi al Pniec (il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima), anch’esso in fase di aggiornamento, perché “sono cambiate le sfide europee. La decarbonizzazione è passata dal 40% al 55% per il 2030, rispetto al 1990, e sono cambiati gli investimenti col piano Next Generation Eu. Quindi un programma di grande visione, come il Pnrr, va inquadrato in una strategia nazionale. Appunto il Pniec, che però deve recepire i grandi traguardi internazionali”.

Ad oggi, il Pniec italiano punta a 4 milioni di auto elettriche e 2 milioni di plug-in al 2030. Obiettivi ambiziosi, che a questo punto potrebbero anche dover essere rivisti ulteriormente al rialzo. E, si spera, anche centrati, con politiche lungimiranti.

Cingolani ha poi sottolineato che la decarbonizzazione dell’Europa e dell’Occidente dovrà andare di pari passo col resto del mondo, altrimenti “gli sforzi per il pianeta saranno stati vani”. Gli effetti penalizzerebbero anche l’economia: “I nostri prodotti saranno più costosi, perché verdi, mentre gli altri Paesi venderanno prodotti come i nostri ma non verdi, che costeranno di meno”. Da qualche parte, tuttavia, occorrerà partire.

Capitolo batterie

Definito come un problema da affrontare e al tempo stesso una grande opportunità su cui investire, il potenziamento della supply chain delle batterie è l’ultimo argomento toccato dal ministro. “Il Pnrr deve migliorare la nostra capacità”, è la prima considerazione del ministro.

Volkswagen: il progetto pilota per il riciclo delle batterie

La vera svolta arriverebbe però da un’Europa unita anche sul tema accumulatori, con “la costituzione di grandi filiere europee. Le Gigafactory non possono essere nazionali, ma transnazionali. Questa è una strada da seguire, perché crea lavoro e sviluppo”.

Semplificare, ora

La parola passa poi alla filiera auto e a quella energetica. Comincia Francesco Venturini, Ceo di Enel X, che torna a invocare regole più semplici e soprattutto omogenee per installare le colonnine. Anche sugli allacci alla rete: "Enel X ha circa 13.000 punti. Di questi, però, tanti non sono attivi, perché non sono allacciati alla rete. Ci vuole molto tempo per ottenere i permessi e fare i lavori".

Le grandi città sono cruciali per la transizione delle mobilità, ma basti pensare che “a Roma ci sono 15 Municipi, ognuno con le proprie regole”. E poi secondo Venturini bisogna superare “la visione di una sostenibilità costosa”, che “è un pensiero del passato. L’obiettivo principale di Enel X è dimostrare ai clienti che usare energie da fonti sostenibili è giusto ed economicamente vantaggioso”. La prova? Basta guardare in Cina, dove la transizione non è arrivata “per motivi etici, ma industriali”.

Charging Station Enel X ID.4

Giù i prezzi

“Bisogna procedere facendo un grande gioco di squadra”, è poi il pensiero di Massimo Nordio, amministratore delegato di Volkswagen Group Italia. “L’industria sta lavorando con l’obiettivo di rendere la differenza di prezzo tra un veicolo elettrico e uno con motore termico praticamente zero. E in prospettiva i prezzi saranno addirittura inferiori”.

Come si arriverà a questa rivoluzione? “Con la crescita dimensionale dei volumi e la riduzione del costo delle batterie", osserva Nordio, ricordando che per riuscire ad allineare i prezzi delle auto a combustione e di quelle elettriche, Volkswagen ha fatto leva sulla versatilità di una piattaforma come la MEB, diventata poi un esempio per l’industria, e a seguire con l'impegno "nella gestione interna del ciclo di vita della batteria, che va dalla progettazione alla produzione e alla fase del riciclo, con l’obiettivo di recuperare il 95% dei materiali”. Nel frattempo, però, è evidente che gli incentivi rimangono molto importanti per aiutare le famiglie a passare all’elettrico.

Ricerca, sviluppo, riqualificazione

Ma fondamentali saranno anche innovazione, ricerca, sviluppo e riqualificazione delle competenze. Un tema su cui Roberto Di Stefano, Ceo di Free2Move eSolutions, non ha dubbi, auspicando un ruolo della politica per accelerare investimenti in grado di “creare nuovi posti di lavoro e sviluppare la competitività internazionale delle imprese italiane, soprattutto le pmi”.

BMW Production Plant 1

Cos’altro servirebbe secondo Di Stefano? “Un quadro programmatico pluriennale, che punti a uno sviluppo e alla penetrazione del veicolo elettrico sul territorio nazionale”. La Germania l’ha fatto, dotandosi di un “piano d’incentivazione che porta la transizione della filiera fino al 2025”. Invece “il nostro schema di incentivi alla domanda va in scadenza al 2021 e dopo non abbiamo nessuna visibilità”. L’augurio è che “anche l’Italia faccia la stessa cosa, rendendo i veicoli elettrici accessibili a tutti. Anche ai giovani”.

A cosa serve l'idrogeno?

È d’accordo Dino Marcozzi, segretario generale di Motus-E, secondo cui “la visione che vede le auto elettriche alla portata solo dei ricchi non è completamente vera, perché già oggi il costo a vita intera pareggia quello di una vettura tradizionale”. Non ancora sul prezzo iniziale, ma anche qui “ci si sta lavorando”.

I veicoli alla spina sono quindi quelli con più prospettive e, secondo Marcozzi, batteranno i mezzi alimentati a idrogeno, vettore che andrebbe concentrato nei settori hard-to-abate, perché l’H2 “non arriverà mai alla stessa efficienza nei motori, per un limite fisico”. Meglio puntare su elettriche e relative infrastrutture: “Tre anni fa trovavo subito una colonnina libera, adesso non più”. Un trend che chi guida elettrico in città inizia a osservare, non senza preoccupazione.