Dopo tanti annunci e la prima incursione in Norvegia il momento è arrivato: le auto elettriche Byd sono ufficialmente in Europa. La Casa cinese si muoverà inizialmente con tre modelli in Germania, Olanda, Danimarca e Svezia, ma l’espansione nei principali mercati Ue - Italia inclusa - sembra ormai solo questione di tempo.
Parliamo di un debutto importante. Un po’ perché è il primo esordio europeo così in pompa magna per un marchio del Dragone – oltretutto in un Paese, l’Olanda, in cui l’elettrico si sta diffondendo a grande velocità, e all’interno di un luogo dal grande valore simbolico come il Museo dell’Automobile Louwman -, un po’ perché testerà le reazioni degli automobilisti e dell’industria del Vecchio Continente sulla sempre più spinta “elettro-globalizzazione” dell’auto. Con riflessi che su entrambi i versanti saranno estremamente interessanti da monitorare. Ma partiamo dal principio. Chi è Byd?
Sogni cinesi
Byd, il cui acronimo sta per “Build Your Dreams”, nasce nel 1995 e opera in realtà in Europa già da diverso tempo, con un impegno limitato però al settore del trasporto pubblico. Vende, infatti, bus elettrici dai primi anni del nuovo millennio grazie a una sede in Olanda e una fabbrica in Ungheria.
Sul fronte auto, invece, la Casa di Shenzen fino a oggi si è concentrata essenzialmente sul mercato interno. Nel 2021 è arrivata a vendere in Cina 730.000 vetture, di cui circa 600.000 (593.743 per la precisione) elettriche o ibride plug-in. Ma c’è un altro numero che rende l’idea della potenza di fuoco del brand: nella prima metà dell’anno ha piazzato ben sei modelli nella top 10 elettrica del Dragone. Insomma, funziona.
L’esperienza non manca
Dietro questo successo ci sono diversi fattori. Uno, ad esempio, è rappresentato dalla joint venture creata con Mercedes nel 2010 per la produzione di auto elettriche per la Cina. La collaborazione più che decennale con la Casa della Stella ha consentito a Byd di maturare esperienza su processi industriali e sugli standard qualitativi richiesti dall’Europa.
C’è poi anche un elemento chiave di carattere “parafinanziario”, che ha permesso al costruttore cinese di calamitare lo sguardo di tanti in Occidente. Il 22% delle azioni è infatti in mano niente meno che a Warren Buffett, uno che non si muove se non fiuta qualche affare. Già nel 2008 l’Oracolo di Omaha, attratto dalla specializzazione elettrica della Casa, è entrato infatti in Byd, che conta oggi su una capitalizzazione nell’ordine dei 120 miliardi di dollari.
Altro elemento curioso: se non avete mai visto un’auto Byd ma il loro logo vi sembra familiare un motivo c’è. Durante la pandemia la Casa è diventata anche uno dei maggiori produttori di mascherine al mondo. Queste tre letterine, insomma, ci accompagnano silenziose da ormai molti mesi.
Consegne entro l’anno
Ma torniamo al presente. Dopo il primo “assaggio” in Norvegia, dove Byd ha avviato la vendita di automobili già lo scorso anno, ad agosto 2022 si è saputo che BYD avrebbe aperto una concessionaria in Danimarca e che lo avrebbe fatto in tempi rapidi.
Adesso però è la stessa Casa a uscire ufficialmente allo scoperto annunciando che, grazie a specifici accordi con importatori locali, è pronta a mettersi in gioco anche negli altri tre Paesi già citati, con ordini in apertura a brevissimo e prime consegne entro fine anno. Stesse tempistiche anche in Israele, dove Byd si affiderà a Shlomo Motors.
Il fatto che la Casa sbarchi in Europa appoggiandosi a realtà esistenti fa pensare a una strategia commerciale in cui la rete vendita farà ancora la sua parte. In effetti, è così che funziona già in Norvegia. È molto probabile, però, che in parallelo la Casa sfrutti anche i canali digitali per raggiungere un pubblico più ampio. Soprattutto all’inizio, quando la rete degli store sarà limitata alle capitali e a qualche altra città di importanza strategica. E attenzione, nel mirino ci sono già anche Australia e Nuova Zelanda.
I modelli in arrivo
Byd, che per sottolineare l'attenzione con cui si presenta in Europa adotta anche un nuovo logo, diverso da quello noto che continuerà a essere usato in Cina, venderà da noi 3 modelli. Si tratta della berlina Han, una segmento E che vuole infastidire la produzione premium e che punta su un design minimalista e moderno, della Tang, un SUV di grosse dimensioni e a 7 posti (è quello che è stato venduto in Norvegia a partire dal 2021), e della Atto 3, altro SUV - ma di Segmento C - che per ingombri e versatilità potrebbe rappresentare il modello di maggiore gradimento per il pubblico del nostro continente.
Non c'è tempo da perdere
Byd è solo una delle big cinesi che vogliono espandersi sui nostri mercati. Una strategia simile la stanno seguendo tra le altre anche Xpeng e NIO. Tutte, per fare breccia tra i clienti europei, sembrano puntare in questa fase su auto elettriche moderne e curate, con powertrain e infotainment all’avanguardia. Non a caso, per il debutto sono stati individuati tendenzialmente modelli di fascia alta o medio-alta, per superare le inevitabili ritrosie sulla “qualità”. Byd però, con la Atto 3, vuole andare a esplorare anche un segmento più aperto al grande pubblico, dove il posizionamento prezzo potrebbe fare davvero la differenza.
La presenza di marchi cinesi in Europa del resto è già realtà. Basti pensare a Geely, che ha debuttato con Lynk & Co ma che è dietro a Polestar e, a breve, anche a smart, o a Chery (che fornisce i modelli per DR) o ancora a MG, che è tornata grazie all’impegno di SAIC, che è diventata proprietaria dello storico brand inglese.
L’arrivo di nuove realtà dalla Cina spingerà verosimilmente l’industria europea a velocizzare ancor di più il processo di elettrificazione già in atto, con il chiaro obiettivo di preservare la posizione di vantaggio “in casa” rispetto ai newcomers cinesi, che dalla loro hanno ancora salda la leadership nel campo delle batterie.
Determinante sarà quindi il ruolo della politica, cui spetta il compito di supportare in modo adeguato la filiera auto europea in questa delicata fase di transizione. In gioco ci sono posti di lavoro e competitività e non c’è tempo da perdere: bisogna accelerare sulla riconversione per non essere costretti a cedere il passo sulle nuove tecnologie per la mobilità.
E gli automobilisti? Avranno semplicemente una maggiore varietà di modelli tra cui scegliere. Del resto, qualcosa di simile era già successo in passato con le prime auto giapponesi e sudcoreane.