Dall’oro nero alla transizione verde. In un mondo che cambia e con la lotta al riscaldamento globale che dovrebbe stare in cima alla lista delle cose da fare, anche i giganti oil & gas strizzano l’occhio ad auto elettriche, rinnovabili e tecnologie green in generale.

Certo, ci vorrà tempo, molto tempo prima che i colossi petroliferi e dei combustibili fossili convertano le attività alla cura del pianeta, ma le basi le hanno gettate. In attesa di vedere i frutti della conversione, ricordiamo i progetti più interessanti.

Da Oltremanica con furore

Una delle prime big oil a ripensare il proprio core business è stata Shell, multinazionale britannica dell’energia, che già nel 2019 ha installato colonnine nelle stazioni carburanti a Singapore. Da allora i piani si sono fatti più grandi e, oggi, la Conchiglia punta a ben 2,5 milioni di punti di ricarica al 2030.

Nel frattempo, si è data anche al cambio batterie al volo, alleandosi con la cinese Nio. Insieme vogliono mettere in piedi 100 battery swap station entro il 2025. Ma non solo. Tra le mire espansionistiche di Shell c’è anche l’idrogeno: suo l’impianto per H2 verde più grande d’Europa.

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Colonnina di ricarica Shell...

BP Chargemaster charging station

... e BP

Altro gigante del Regno Unito pronto a rifarsi il guardaroba è BP, lanciatissimo nella rivoluzione verde dal 2020, quando ha annunciato un programma che dovrebbe portarlo a essere una compagnia “totalmente diversa” nel 2030. Alcuni esempi?

Gli investimenti nelle batterie XFC (eXtreme Fast Charging) dell’israeliana StoreDot, oppure i capitali messi in colonnine di ricarica ultrarapida con Hertz. Super veloci saranno anche le 8.000 infrastrutture che sorgeranno in Europa entro il 2024, grazie alla collaborazione con Volkswagen.

Tra Europa e Asia

E che dire di Total? Ribattezzata TotalEnergies, l’azienda francese si è tuffata nell’universo dell’auto elettrica nel 2020, dandosi l’obiettivo di installare 150.000 colonnine al 2025. Alcune stanno spuntando nelle stazioni dei benzinai transalpini, altre in Italia, dopo l’avvio della partnership con Energica.

Anche TotalEnergies si è data all'auto elettrica

Spostandoci più a nord (ed est), ecco invece l’iniziativa della norvegese Equinor, che si è buttata nelle rinnovabili con l’appoggio della giapponese Hitachi, per lavorare fianco a fianco allo sviluppo di parchi eolici offshore.

Regno del petrolio e degli EV?

Ma chi, più di tutti, sembra aver abbracciato la mobilità sostenibile è l’Arabia Saudita. Già, proprio dal Regno del petrolio arriva uno dei più grandi impegni nell’auto elettrica, con l’acquisizione da parte del Public investment fund (Pif) di circa il 62% delle quote di Lucid, costate 1 miliardo di dollari nel 2018.

Lucid Air Gran Turismo 2022

Dopo America ed Europa, Lucid vuole conquistare l'Arabia Saudita

Vicino Riad vedrà la luce anche la prima Gigafactory estera della Casa californiana, con un target produttivo di 155.000 vetture all’anno dal 2026. Il Governo saudita comprerà pure 100.000 Lucid da aggiungere alla flotta pubblica. Si parte quest’anno.

Del 2022 è invece l’unione di forze con Foxconn e BMW per la creazione del marchio Ceer, che produrrà berline e Suv elettrici, in strada dal 2035. In dote, il brand porterà anche 30.000 posti di lavoro, con la speranza di fatturare 8 miliardi di dollari da qui al 2034. Ombre su Riad calano però dopo un’inchiesta del New York Times.

Non lontano dall’Arabia, ci sono poi i petrolieri degli Emirati Arabi, che hanno messo in cantiere uno stabilimento da 50.000 auto a batteria. Grande 25.000 metri quadrati, l’impianto si dedicherà non solo alla produzione, ma anche a ricerca, sviluppo e collaudo dei veicoli.

E la Russia?

Capitolo a parte merita la Russia, che aveva cominciato a diversificare le sue fonti di affari, ma tutto potrebbe cambiare dopo l’attacco all’Ucraina. In ogni caso, Mosca si era interessata all’idrogeno per fare soprattutto R&D, coinvolgendo anche l’Arabia Saudita.

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Ecco la piccola "made in Russia": la Zetta

Alimentata da H2 sarebbe stata anche la prossima auto presidenziale di Vladimir Putin, mentre il Paese si concentrava sulla vetturina made in Russia: la Zetta (Zero emission terra transport asset). Adesso non sappiamo quale sarà il destino di questi progetti. Per fortuna la transizione si sta ritagliando il suo spazietto ad altre latitudini.